Ormai siamo qui da un anno e mezzo (per un totale di cinque anni e mezzo in Asia) e penso di poter dire con certezza cosa mi piace dello stare qui, e cosa no. Perché si sa, all’inizio è sempre tutto molto controverso: le prime settimane sono stata nervosissima per il trasloco, la mancanza della casa e di una certa stabilità, la lentezza nipponica (ero stata abituata male da Hong Kong, tempo di installazione: una settimana e via a lavoro), l’ostacolo della lingua. Poi i mesi seguenti me li sono goduta parecchio, nonostante una certa frustrazione per la mancanza di un lavoro stabile. Una volta trovato quello, tutto è migliorato notevolmente. Ma ad oggi, ad essere sincera, per quanto stare qui non mi dispiaccia affatto, Tokyo rimane una città dove non vorrei vivere altri dieci anni. Nello stesso tempo però, rimane comunque l’unico posto del Giappone intero dove abiterei.
Una premessa: a differenza di molte persone, noi siamo arrivati qui senza alcun pregiudizio. Semplicemente, era la nostra prossima tappa, per almeno tre anni, poi si sarebbe passato ad altro, probabilmente. Eravamo semplicemente contenti che fosse un paese con buoni standard di pulizia, cure mediche accettabili, la possibilità di condurre una vita di ottima qualità. Non eravamo né patiti del Giappone (a parte il cibo!) né detrattori.
Odi:
1 – la sensazione di isolamento. Il Giappone è davvero un’isola, e rimane un paese per Giapponesi.
Già a Hong Kong mi mancavano alcune cose dell’Europa, e quando si è in espatrio si ha sempre la sensazione che la vita vera stia scorrendo là fuori, a casa, in un’altra dimensione spazio-temporale, ma almeno lì, nella piccola città stato, avevo una vita dinamica, mi sentivo in mezzo al movimento, avevamo delle belle amicizie e facevamo parte di una comunità expat concentrata in alcuni determinati quartieri. Qui fare amicizia è più difficile, gli stranieri sono di meno e la città è semplicemente enorme, dunque gli spostamenti sono sempre pianificati. A Tokyo, pur essendo nel più grande agglomerato urbano del mondo, mi sembra certe volte di essere ai confini delle terre emerse.
2 – la malinconia. Il Giappone è un paese molto bello, viaggiare al suo interno è una continua scoperta, ma certe volte mi mette addosso una sensazione di lieve tristezza. Come se nulla si muovesse veramente, come tutto procedesse in maniera ordinata, ma così mestamente… non saprei come spiegarlo meglio. Mi basta vedere certi ryokan (alberghi tradizionali) che sembrano usciti dagli anni Settanta.
3 – la lentezza nella burocrazia: per ogni cosa c’è un formulario da completare, a volte anche più di uno, una registrazione da fare, un documento da chiedere, una procedura da rispettare, un indirizzo da registrare ufficialmente.
4 – certi modi di fare dei Giapponesi: certe volte ti guardano come un alieno. Porti a riparare un orologio, un telefono: la prima domanda è sempre “ma è un prodotto giapponese? ma lo hai comprato qui? sicura?”. E poi immancabilmente, chiedono quando ripartirò dal Giappone. Il fatto che io abiti qui li stupisce spesso. Così come il fatto che i non Giapponesi non siano sempre “America-jin” (Americani) ma che esistano altre nazionalità.
5 – la stragrande maggioranza delle lavatrici funziona ad acqua fredda. E non aggiungo altro.
Amo:
1 – il cibo. A parte alcune estremizzazioni (parti di pesci che non vorreste sapere, il puzzone natto, parti varie del pollo da fare in spiedino e così via), non si può dire che non sia vario, buono e di ottima qualità. Sushi e sashimi a parte, ampio spazio al tonkatsu (cotoletta di maiale impanato), donburi (ciotola di riso con sopra la qualunque), yakitori (spiedini di pollo), l’okonomyaki (l’omelette giapponese), i vari soba, udon, ramen, la tempura, il sukiyaki, e ancora tante altre cose.
2 – la sensazione che il sistema funzioni, che ci sia una certa precisione nel fare le cose, che quando si comincia una procedura in linea di massima non dovrebbe perdersi per strada, e la fiducia nell’onestà dei Giapponesi, nella sicurezza del paese. Per carità, il Giappone conosce la criminalità e tutta una serie di problemi, non è il paese delle meraviglie, ma oggettivamente si è più al sicuro rispetto all’Europa per moltissime cose. Mi basta vedere le biciclette parcheggiate senza catenaccio o i telefoni e le borse lasciati sui tavoli dalle ragazze quando vanno in bagno nei bar.
3 – anche qui, certi modi di fare dei Giapponesi: la cortesia, il non urlare mai, il rispondere con educazione e pazienza anche alla domanda più stupida. L’essere sorridenti e cordiali anche se stiamo entrando in un negozio a due minuti dalla chiusura. Il cercare comunque di essere di aiuto anche quando non sanno come spiegarti una cosa per via della lingua.
4 – viaggiare in Giappone. Questo è un paese che, come molti europei, contiene in sè talmente tanta diversità, tante città da vedere, posti da scoprire!
5 – la cultura Giapponese: i musei, le mostre, i festival, gli avvenimenti della città di Tokyo (anche se qui c’è una nota dolente: non parlando che un vergognoso giapponese più che basico, sono esclusa da molte cose). Il fatto di poter frequentare una bella associazione di donne giapponesi e francofone e di poter partecipare alle loro super attività.
6 – i wc marca Toto!
E come ho ripetuto anche in questo post, sapendo che resteremo qui ancora qualche tempo, ma che la nostra è una fra le tante (probabilmente) tappe, nei giorni un po’ più tristi mi ripeto che insomma, per essere felici bisogna anche un po’ deciderlo, a volte. Prendiamo la bellezza e mettiamola in valigia.
Veronica, Giappone
Ciao Veronica, mi interessano tantissimo i tuoi post. Un espatrio così lontano, così diverso, in un paese così ricco, moderno, pieno di storia… alcuni pasticceri sono riusciti ad approdarvi, spero dopo la scuola di potervi fare una tappa anche io. Al momento sono solo sogni… mi raccomando fa’ il video di presentazione di adf, così ti conosciamo più da vicino. Alla prossima!! 🙂
Ciao Irene, che gentile sei! Spero allora il tuo desiderio si avveri. Effettivamente, dal punto di vista culinario, Tokyo e’ davvero una tappa importante 🙂
che buffa la cosa delle lavatrici. perché mai, per consumare meno energia?
Si’, il motivo e’ abbastanza ‘green’. Considera che molti collegano la vasca da bagno alla lavatrice, di modo da poter riciclare l’acqua per i panni (poi pero’ vendono un uovo imballato singolarmente nella sua scatoletta di plastica)
Chiedendo a destra e a manca, in diversi mi hanno risposto che comunque i detersivi sono fatti a posta per funzionare con acqua fredda. In un ciclo di 38 minuti. Certo. I miei calzini bianchi dissentono.
[…] https://www.amichedifuso.com/2016/06/15/odi-et-amo-cose-che-adoro-cose-che-non-sopporto-in-quel-di-to… […]
La frase “rimane comunque l’unico posto del Giappone intero dove abiterei” mi ha fatto sospirare, è quello che fino a poco fa pesavo ogni volta che andavo a Tokyo!
Dicono che a Osaka siano tutti molto più amichevoli e si viva meglio…ma bisognerebbe aggiungere: se ti piace stare in un gigantesco paesotto 100% giapponese, ti piace l’attenzione addosso perché sarai spesso “l’unico straniero in vista”, se non sei una donna sola (e pure tatuata), e se parli il giapponese da prima di approdare.
Tuttavia, dopo un anno qui, proprio domenica scorsa, vagando per il quartiere in direzione Ramen Girl Festival al parco vicino casa, scorgendo gente che cantaurlava e trainava un carretto fuori da un tempio, godendomi gli ultimi sgoccioli di estate, sono stata colta da un’improvviso senso di affetto per questo posto.
Come dire, forse è solo un luogo con tempi di adattamento un po’ lunghi 🙂
Cara Celeste, purtroppo anche la mia biancheria…e ora a Taipei purtroppo same old story :-((((